giovedì 12 marzo 2009




E' il loro primo concerto.
La pianista, giovane, una nuova uscita dal conservatorio, si inchina, ringrazia il pubblico con un sorriso gioioso, esce, rientra, esce, rientra ancora, concede un bis, e poi un altro, un altro ancora.
E' un successo, il suo primo vero successo.
La signora la guarda dalla platea, si sporgerebbe in avanti per abbracciarla, quella ragazzetta che le ha saputo donare tutte quelle sensazioni in una sola ora e mezza, quella bambina che sembra semplice e normale e che solo avvicinandosi a quello strano animale nero e bianco con i pedali, tira fuori una grinta e una dolcezza degne della più potente regina al mondo.

Dopo la performance la pianista si ritira in camerino, e poi, cambiata, tornata quella di sempre, eccola fuori, alla ribalta, a firmare autografi in un bagno di folla, nella stradina dietro al teatro, fuori dal camerino.
La signora le si avvicina, il viso illuminato di stupore e divertimento per quel concerto così insolito, capitato quasi per caso -un'amica le ha chiesto di accompagnarla e lei non ha saputo dire di no, e poi, che diamine, a settantacinque primavere bisogna pur andare almeno una volta a un concerto di musica classica-.
Prima dello spettacolo si sentiva così fuori posto nel foyer lustro e luminoso, in mezzo a tutti quei tromboni in frac che pontificavano di Ravel, Schubert, Rachmaninoff, -ma chi saranno questi, mai sentiti, ma una volta non parlavano di Mozart e Beethoven?- e paragonavano esecuzioni di questo e quello, le sembravano tanti sommeliers, che assaggiano vini squisiti e pontificano sulle piccolezze, sulle leggere sfumature, su ogni cosa per mostrare e ostentare la loro dottaggine ed esperienza sull'argomento. Alcuni le parevano così finti, avviluppati in un panciotto troppo stretto, la pancia debordante, il barbone da filosofo.
Ma poi, durante il concerto, il disagio è sparito, si è dimenticata di ogni cosa -foyer, dotti, brochures, scalette, tutto-. La musica l'ha avvolta, portata via, ammaliata, e non l'ha abbandonata nel momento in cui si è sbracciata ad applaudire, le mani arrossate che bruciavano, gridando "brava! Brava!" con tutta la voce rimastale, un po' spezzata per la commozione dell'ultimo brano.

Estasiata, per parlare alla ragazza ha seguito un labirinto di corridoi, camerini, retroscena, l'hanno fermata e han detto aspetti, gentilmente, faccia il giro per il retro, qui non si può passare.
E' uscita, stava nella stradina del retro, tra bidoni della spazzatura, macchine ed altri fan in attesa.
La ragazza firma autografi, se la trova davanti: la guarda, le sorride.
-"Signorina, buonasera, mi scusi.. La volevo ringraziare dal più profondo del cuore, è il mio primo concerto e non mi sono mai sentita così prima, è .."
Non trova le parole, impacciata: tutto quello che sentiva non era esprimibile, tutta quella gioia mischiata a amore, e passione per la nuova scoperta, e tenerezza a guardarla mentre suonava - le ricordava sua nipote-, e allegria e tristezza, le è parso di morire e vedersi tutta la vita davanti, ogni nota ricordava una persona.
La ragazza la guarda ancora, il sorriso si allarga, capisce come si sente. E' strano, a vent'anni, guardare una nonna e riconoscersi, vedere nei suoi occhi lo stesso che si provava da piccoli, quando il pianoforte era quello strano mobile del salotto che le cantava ninne nanne quando non dormiva, e canzoni allegre ai compleanni, e poi faceva tanti rumori, felici o arrabbiati, dipendeva da chi sedeva là davanti, chissà, forse il pianoforte si arrabbiava se stava suo fratello, quel brigante, e se c'era la mamma era contento e cantava dolcemente.
-"Ma la prego, mi tolga una curiosità.. - la voce della signora la fa tornare nella strada dietro il teatro- Come fa a schiacciare tutti quei pulsanti assieme, e così velocemente? E' la prima volta che vedo, sembra impossibile..."
"Signora, questo è tanto studio e allenamento, ma guardi, sembra impossibile anche a me, quando leggo io giornale e vedo che tanti in parlamento riescono a fare la stessa cosa...."

1 commento: